Omelia del parroco nella Messa della Festa della Santa Famiglia

  • 27/12/2020
  • Don Gabriele

1. Nella prima lettura abbiamo ascoltato la narrazione della promessa da parte di Dio ad Abramo della nascita del figlio Isacco, tanto desiderata quanto inattesa viste le condizioni di anzianità di Sara. Eppure ciò che umanamente sembrava insuperabile viene superato e Isacco – che significa sorriso – non sarà motivo di gioia solo per i suoi genitori, ma anche per molti, perché sarà all’inizio di una discendenza più numerosa delle stelle del cielo e dei granelli di sabbia sulla spiaggia del mare. Là dove si fa spazio a Dio sempre sgorga la fecondità. Essa, tuttavia, non può ridursi alla fecondità fisica, c’è una premessa ad essa e c’è un prosieguo. Tale premessa e tale prosieguo danno fecondità anche a coloro che per svariati motivi non possono generare fisicamente.

Premessa e prosieguo sono costituiti dall’uscire da se stessi, detto in altre parole, dal “dono di sé”. Se la ricerca di un figlio non si colloca in questa prospettiva ed è ancora una ricerca di se stessi, anche se si genera fisicamente si resta sterili, perché ancora una volta indirizziamo a noi anche la generazione di un figlio: lo facciamo per noi, non per lui. Allora anche l’espressione massima dell’amore, che consiste nel dare la vita, diventa un monumento al nostro egoismo. Pensiamo a tutto ciò che sta intorno a questo discorso, perché un conto è vivere la paternità e la maternità responsabile, un altro è ergersi a padroni della vita. Mi riferisco innanzi tutto ai milioni di aborti. Papa Francesco ha detto che abortire è come “assoldare un sicario”. Ma penso anche alla banalizzazione della sessualità perché anche se resti incinta – si pensa – c’è la “pillola del giorno dopo”, che è abortiva, ma te la presentano come se fosse un’aspirina, così non hai sensi di colpa. E ciò riguarda anche adolescenti. Ricordo con raccapriccio come nel pieno della pandemia, qualche mese fa, il ministro della salute salutò come una conquista a favore della salute e dei diritti della donna il cd. “aborto farmaceutico” fatto in day hospital, nelle strutture pubbliche e private convenzionate, in modo tale che le donne potessero tornare a casa mezz’ora dopo aver assunto il medicinale. Banalizzazione della sessualità, banalizzazione della vita: come mai quasi nessuno parla dei diritti del concepito oltre a quelli della donna? Dopo la sciagurata liberalizzazione sessuale del ’68 è forse migliorata la vita sessuale delle persone o non si è inserita in essa la falsa sicurezza che tanto si può fare quello che si vuole? E come mai è aumentata così tanto la sterilità maschile e femminile? Lo squilibrio che abbiamo indotto nei processi naturali con le nostre continue aggressioni all’ambiente non ha certamente risparmiato la sfera della sessualità. Infatti la logica è la stessa: il mancato rispetto dei processi naturali non riguarda solo l’emissione di CO2 o l’inquinamento dei mari, la deforestazione, lo sfruttamento del suolo etc. riguarda anche la manipolazione del processi vitali. Anche se poi assistiamo alla stridente contraddizione che coloro i quali più gridano e si indignano per le aggressioni alla natura sono gli stessi che ammettono anzi promuovono aborto, la pillola del giorno dopo, la fecondazione artificiale, sacrificando migliaia di ovuli fecondati nei quali è già presente la vita.

Fa molto male vedere come su queste tematiche formidabili, nelle quali è celato il futuro dell’umanità, ormai non si rifletta più. Chi tra i nostri adolescenti e giovani affronta con serietà questi temi? E noi educatori perché abbiamo quasi disertato l’impegno a mettere a punto queste tematiche? Eppure c’è in ballo la vita!

2. La fecondità come dono, come ho già avuto modo di dire a Natale, non si esaurisce nel dono della vita fisica; c’è una generazione che è anche spirituale, dove con “spirituale” mi riferisco a tutto ciò che ha a che fare col formare in un figlio quel corredo necessario affinché a sua volta sia fecondo; possiamo chiamare questa generazione spirituale il “fatto educativo”, che comprende una gamma di attenzioni, di priorità, di aiuto alla scoperta e all’affezione ai valori, non ultimo a quello della fede. Inutile dire come su questo punto io sia estremamente preoccupato in quanto mi rendo conto che una buona parte di genitori è dimentica di questo dovere. Un segno eloquente è il disinteresse, o il poco interesse, alla vita interiore dei ragazzi, all’educazione alla fede e alle virtù, a fronte di un macrointeresse per le cose materiali e spesso per quelle meno ancora che secondarie e persino banali. Il grosso problema è l’appiattirsi del divario necessario che ci deve essere tra l’educatore – il genitore – e il figlio: a volte non si distinguono più, sono sullo stesso livello. Questo processo toglie ogni autorevolezza al genitore e distrugge la sua possibilità di essere educatore. Potrei fare molti esempi, ma ne faccio uno solo, perché ha a che fare con l’educazione alla fede. Ci sono genitori che accompagnano i loro bambini a Messa, li lasciano lì sulla porta e se ne vanno. Che cosa può pensare quel bambino? Penserà che appena potrà si comporterà come suo padre o sua madre; e siccome l’esempio vale più delle parole, quel genitore ha distrutto l’educazione alla fede di suo figlio.

3. Per finire, la fecondità, vissuta nella sua capacità generativa, si traduce in quella virtù cristiana per eccellenza che è la carità, non solo verso l’interno della famiglia, ma anche verso l’esterno. C’è una discendenza che non è solo quella carnale; c’è una discendenza frutto della carità, che trova molteplici incarnazioni: l’adozione, l’affido, l’accoglienza di bambini e ragazzi in difficoltà o per periodi di vacanza terapeutica, la disponibilità a farsi educatori ed accompagnatori dei ragazzi in parrocchia, nelle associazioni, nei luoghi del disagio e delle povertà. Vorrei proprio fare un appello, che ho intenzione di riprendere il 1° gennaio, perché mi rendo conto che soprattutto i giovanissimi stanno vivendo male: c’è bisogno di un’alleanza tra le varie agenzie educative della nostra parrocchia e del nostro paese: non è possibile lasciare che questi ragazzi si abbeverino a “cisterne avvelenate”; c’è bisogno di un soprassalto di carità per aiutare questi genitori che non ci arrivano o non ce la fanno.

4. “Guarda il cielo conta le stelle se riesci a contarle, tale sarà la tua posterità”, così disse Dio ad Abramo. Voglia concedere il Signore a ciascuno di noi, alle nostre famiglie, ai nostri giovani che si apprestano a “mettere su casa”, come si dice, una numerosa posterità sia con la nascita di tanti bambini sia tramite un’abbondante fecondità spirituale.

Tra un po’ ci accosteremo all’Eucaristia, cibo per la vita quotidiana e per quella supersostanziale: ci aiuti il Signore a metterci a disposizione, come ha fatto lui, affinché la nostra esistenza sia davvero feconda e generi vita nuova attorno a sé.

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