Omelia del parroco nella Messa del 1° gennaio 2021 con le autorità civili di Castiglione e di Terranova, militari e associazioni

  • 02/01/2021
  • Don Gabriele

1. Iniziamo un nuovo anno sotto lo sguardo di Maria, Madre di Dio, che si prende cura, con Giuseppe, del suo Bambino, e anche di tutti noi.

Ci lasciamo alle spalle un anno difficile e, sebbene non manchino le luci per il futuro che ci sta dinanzi, nessuno può pensare che le difficoltà siano Già superate. Avremo bisogno ancora di molta pazienza, di molta attenzione, mettendo a frutto la resilienza che in questi mesi davvero non è mancata.

L’anno trascorso ci ha consegnato anche un lascito da fare fruttare: ieri sera parlavo di tre aspetti che non possiamo disconoscere: la consapevolezza della “globalizzazione della fraternità”, la “compassione”, una certa riscoperta del “fatto religioso” non priva di ambiguità, ma nella sua radice positiva.

Che, con l’iuto di Dio, cosa dobbiamo mettere in cantiere per il nuovo anno?

2. Il Papa nel suo tradizionale messaggio annuale ci ha offerto una pista feconda di riflessione: “La cultura della cura come percorso di pace”. Noi abbiamo già riflettuto su questo tema nel corso dell’adorazione Eucaristica di poc’anzi. Riprendo perciò solo alcune sottolineature del messaggio del Papa che mi sembrano significative non solo per la comunità cristiana, ma anche per la comunità civile. La presenza dei Consigli Comunali di Castiglione e di Terranova coi rispettivi sindaci, nonché delle rappresentanze delle Associazioni del territorio e di altre istituzioni sottolinea la rilevanza di questo momento di riflessione comune, che esprime anche una tensione al bene di tutti che non deve essere data per scontata. Ringrazio perciò le autorità civili, militari e tutti i rappresentanti delle associazioni e delle altre istituzioni del territorio per aver risposto al nostro invito.

Il Papa ci ricorda che il tema della “cultura della cura” trova nei principi della dottrina sociale della Chiesa il proprio fondamento e si declina secondo questi grandi capitoli: *la cura come promozione della dignità e dei diritti della persona; *la cura del bene comune; *la cura mediante la solidarietà; *la cura e la salvaguardia del creato. Sono capitoli formidabili che qui possono essere solamente enunciati. Essi vanno poi sviluppati con la consapevolezza che non saranno raggiunti se non ci sarà alla base una educazione alla cultura della cura. E noi sappiamo che tale educazione “nasce nella famiglia, nucleo naturale e fondamentale della società, dove si impara a vivere in relazione e nel rispetto reciproco. Tuttavia la famiglia ha bisogno di essere posta nella condizioni per poter adempiere questo compito vitale e indispensabile”. In collaborazione con la famiglia ci sono anche altri soggetti preposti all’educazione quali la scuola, l’università e, per certi aspetti anche i soggetti della comunicazione sociale. Anche le religioni, soprattutto quella cristiana, che ha alle spalle e al presente una lunga storia e una vitale attenzione alla cura delle persone, sono vie di educazione alla cultura della cura.

3. Mi sono chiesto come possano le nostre comunità sia quelle cristiane di Castiglione e Terranova sia quelle civili dei due paesi tradurre in atto questa educazione alla cultura della cura. Una prima risposta viene senza dubbio dall’attenzione al concreto “umano” delle nostre comunità. La vicenda che abbiamo vissuto in questi mesi non ha provocato solo dolore, ma anche smarrimento. Io credo sommessamente che come comunità sia cristiana sia civile dobbiamo considerare con attenzione quali sono le situazioni di deficit presenti tra noi: questo deficit è di natura psicologica, economica, di progettazione del futuro e via dicendo.

Una grossa preoccupazione non solo per me è data dalla situazione dei ragazzi e degli adolescenti. Già nel consiglio pastorale di settembre si era discussa l’idea di proporre un tavolo con il comune, la scuola e le altre agenzie educative per considerare il disagio di queste famiglie che non riescono più ad essere spazio educativo per i ragazzi e gli adolescenti. E’ difficile capire che cosa li interessa, se ancora qualcosa li interessa. Grazie a Dio ci sono ancora gruppi di ragazzi coi i quali è possibile intessere un dialogo che ci aiuti a capire da che parte stanno andando: penso, per esempio, a livello parrocchiale, al gruppo dei ministranti coeso e ben promettente; e penso anche al gruppetto degli adolescenti più sensibili, che hanno dovuto affrontare una pressione non indifferente da parte dei coetanei per continuare a frequentare Messa, catechesi, oratorio e hanno fatto la scelta di proseguire. Con questi ragazzi si può ancora lavorare e possono essere loro a dirci quali sono le strade degli interessi dei loro coetanei, quali le paure, le fragilità, gli equivoci. Dobbiamo ritrovare probabilmente la capacità di ascoltarli per capirli e poi proporre modelli che intercettino la loro sensibilità.

Ho parlato dei ragazzi e degli adolescenti, ma come dimenticare gli anziani che soffrono per la solitudine? Come è possibile prendersi cura di loro come comunità? Non stiamo facendo troppo poco per essi? Noi sacerdoti e i ministri straordinari della S. Comunione siamo stati costretti – a motivo del prudente distanziamento sociale – ad interrompere le visite nella case e anche presso l’Istituto Milani: è venuto meno così anche questo breve contatto, che restituiva serenità a non pochi di essi.

Ma non dimentico il mondo più vasto degli adulti i quali trascinano una vita piena di impegni, che va avanti spesso per forza di inerzia, facendo attenzione a non fermarsi troppo a riflettere per il terrore che emerga il non-senso che butta a gambe all’aria ogni cosa. Penso sommessamente che prendersi cura degli adulti, che poi sono il perno intorno al quale tutto ruota, consista anche nell’aiutarli a riscoprire la dimensione spirituale dell’esistenza, dove con spirituale intendo riferirmi a più livelli. Il primo di essi consiste nel ricordare loro che esiste un’interiorità che va curata; una stanza interiore, che non è alienazione, ma luogo dove la vita trova la sua unità e la sua armonia. C’è poi il livello più prettamente religioso nel quale si pongono le domande fondamentali: da dove vengo, dove vado, quale sarà il compimento della mia vita. Per arrivare poi al livello cristiano, dove, come dice l’apostolo Pietro, si adora Cristo nel proprio cuore, pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi.

In questo itinerario di cura della dimensione spirituale della vita possono nascere molte sinergie: pensiamo per esempio alla dimensione culturale con la sua attenzione al bello, cioè alle varie forme di arte, o allo scambio tra Centro di Ascolto parrocchiale e l’Assessorato alle politiche sociali.

Mi fermo qui, ma potremmo aggiungere altre riflessioni. Ragazzi e adolescenti, anziani, mondo variegato degli adulti: prendersi cura di questi mondi ci riguarda tutti. Iniziamo un nuovo anno con questa tensione positiva.

Ora celebriamo l’Eucaristia, il momento in cui si rinnova la massima cura che Cristo ha per noi, perché ci dona tutto se stesso; ma questo dono è unito ad un invito: “Fate questo in memoria di me”: prendetevi cura cioè gli uni degli altri, come io mi prendo cura di voi.

Alla santa Madre di Dio, tanto amata dal popolo cristiano, e che sempre si prende cura di noi, ricorriamo affidandole questo nuovo anno.

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