IL SENSO DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
IL SENSO DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE
Cari fedeli,
l’anno pastorale è ormai avviato, tra non molto riprenderà anche la catechesi per tutti i gruppi (ragazzi, adolescenti, giovani, adulti). La celebrazione dei Sacramenti, in particolar modo dell’Eucaristia e della Riconciliazione così come la predicazione sulla Parola di Dio non si sono però mai interrotti: si tratta di una ricchezza che non dobbiamo dare per scontata. Tutto ciò avviene all’interno di una parrocchia – la nostra – che ha bisogno di ricordarsi, ogni tanto, alcune priorità. Tra queste, il senso del vivere in comunità. Mi preme, allora, sottolineare alcuni aspetti. 1) La comunità parrocchiale non nasce da affinità elettive (ossia da scelte legate alla simpatia delle persone). Stare o non stare nella parrocchia in base al criterio “mi piace” o “non mi piace” significa aver smarrito il senso della comunità ed essere caduti nella trappola dell’individualismo, che è l’autentico cancro del nostro vivere sociale. Ciò vale anche per la partecipazione alla Messa domenicale. E’ l’Eucaristia che fa la Chiesa, anche la Chiesa locale, cioè la parrocchia. Andare a Messa nella propria comunità, e non altrove, anche se comporta qualche aggiustamento dei propri orari e magari dei propri gusti, è segno di maturità ecclesiale (e sarebbe ora di dimostrarla da parte di qualcuno particolarmente ostinato!). 2) La comunità parrocchiale, dunque, è quella che è: fatta di gente colta o meno, sensibile o meno, ricca o meno. La comunità ideale non esiste: esistono le concrete comunità; esiste questa comunità! E la dobbiamo accettare ed amare così come è. Voglio una comunità migliore? E’ un desiderio legittimo, ma devo cominciare a cambiare io per primo! 3) La comunità parrocchiale chiede che io mi coinvolga in prima persona; essa non è una sorta di “distributore di servizi religiosi” a cui mi rivolgo per il battesimo, il matrimonio o il funerale …. Che cosa faccio io per la comunità parrocchiale? Qual è il mio contributo? Ci sono tanti servizi (meno impegnativi, più impegnativi): in che cosa mi sono reso disponibile? Qualcuno ha offerto il proprio contributo nel passato, ma ora ha “tirato i remi in barca”: è giusto così? 4) La comunità parrocchiale non può venire dopo tutte le altre cose da fare. Può succedere – è successo – che un gruppo parrocchiale sia stato chiamato ad animare un evento, come avviene da anni. La data di questo evento era nota da almeno due mesi: ebbene un numero considerevole di aderenti a questo gruppo ha fatto sapere che per il giorno dell’evento non ci sarà. Posto che è certamente legittimo che ci siano emergenze ed urgenze, che giustificano queste assenze, ma posto anche che questo “stile” si sta accreditando tra noi, domando: un membro della comunità – se è veramente tale – può organizzare la sua vita privata e quella della propria famiglia prescindendo completamente dalla vita della comunità? E’ come se un figlio o una figlia, in un giorno di festa particolarmente rilevante per la famiglia stessa, dicesse ai suoi: “Io non ci sono perché ho altri impegni”. “Ma è importante per la nostra famiglia”, gli dicono i genitori. “Non mi interessa – risponde il figlio o la figlia – io organizzo la mia vita come voglio. Tanto ci sono gli altri che rimangono”! Sareste contenti? Sarebbe giusto? La comunità parrocchiale è famiglia di famiglie: soffre quando non la si prende sul serio. E’ troppo impegnativo ciò che ho scritto? A me non pare: sta dentro il senso delle cose! Coraggio, dunque! Vorrei questa comunità parrocchiale sempre più amata e sempre più appassionata nell’opera di evangelizzazione. Lasciamo perdere le critiche e i pettegolezzi: si giudicano da soli. Non perdiamo tempo con queste cose. Meno corda diamo, più facilmente si tacciono. Ascoltiamo, invece, i richiami che il parroco con animo di fratello e di padre rivolge a tutti. Apriamo le vele della nostra comunità allo Spirito Santo: ci condurrà al largo per una navigazione audace e una pesca abbondante.