UNA SERATA DI CONSOLAZIONE

  • 22/11/2016
  • Don Gabriele

UNA SERATA DI CONSOLAZIONE

La serata di sabato 12 novembre all’Annunciata è stata una serata di consolazione. Era stata ideata come momento di “restituzione” alla comunità parrocchiale dell’esperienza vissuta dai giovani che avevano partecipato quest’estate alla GMG di Cracovia, nel contesto della chiusura del Giubileo della Misericordia, che l’aveva profondamente caratterizzata. L’unica nota negativa: la scarsa partecipazione della comunità parrocchiale (adulti, altri giovani, giovanissimi …), segno che non era stata colta l’importanza del momento, benché io avessi richiamato più volte questo appuntamento. Uscirò prossimamente su questo notiziario con una breve riflessione sull’individualismo, perché credo ce ne sia bisogno. Ma torniamo alla consolazione. Ho seguito discretamente, tramite don Manuel, i preparativi della veglia, prima della celebrazione ho mangiato la pizza con questi giovani, alcuni di essi erano un po’ tesi perché dovevano parlare davanti agli altri di loro stessi, di quel che avevano vissuto, di ciò che portavano via dall’evento della GMG, di come lo avrebbero messo a frutto. Le ragazze che sono intervenute (quattro) hanno “narrato” con entusiasmo e interiore partecipazione “ciò che avevano fatto” in quei giorni e ciò che le aveva maggiormente colpite; i ragazzi (tre) ci hanno resi partecipi delle loro riflessioni circa il significato dell’evento, lo stato d’animo con cui lo avevano affrontato, le provocazioni che avevano raccolto. Sono stati brave e bravi, ci hanno messo la faccia. Sono partiti come membra di questa comunità parrocchiale e davanti alla stessa hanno “detto” il loro coinvolgimento, la loro fede, i loro dubbi, le loro fatiche e le loro gioie. Lo stesso vale per le altre ragazze e gli altri altri ragazzi, i quali, se anche non sono intervenuti, esprimendo il loro sentire interiore, erano lì con gli altri. Al termine della veglia, ricordando un’espressione usata dal Papa, ho detto loro che essere stati a Cracovia, l’aver restituito alla comunità la loro esperienza significava “aver avviato dei processi”. Non si tratta dunque di una cosa “fatta e finita”: si è avviato “qualcosa”; dove porterà questo “qualcosa” nella loro vita e nella vita della comunità parrocchiale non lo sappiano, ma da qualche parte porterà. Io ho visto questi giovani e queste giovani, ho cercato di guardarli negli occhi, ho stretto le loro mani, ho cercato di percepire i loro stati d’animo, li ho spronati. Uno di loro ha detto che la vita dei giovani è “senza slancio”. E’ un’osservazione condivisibile. Ritrovare lo slancio non avviene però per miracolo: il Signore fa la sua parte – come sempre, perché la grazia non manca – ma poi uno lo slancio se lo deve dare. E i componenti sono due: fede in Dio e uscita da se stessi. Obiezione: ma se la fede è debole? Risposta: il Signore non smette di donarla a chi la chiede con la preghiera. Ecco dunque il trinomio: fede, preghiera, uscita da se stessi (ossia il servizio). Ora si tratta di mettere a frutto Cracovia: il processo iniziato deve proseguire; l’“aver detto” alla comunità ciò che è stato detto rappresenta un impegno, anzi una sfida con se stessi. Vorrei tanto appoggiare le mani sulle spalle di queste giovani e di questi giovani e dire loro: è il momento, buttati, forza, spenditi, non sparire, non chiuderti nelle tue cose, anche se buone … Verrà a te un’umanità nuova, perché la vita – come tutti i doni – si accresce donandola! A tutta la comunità domando di guardare con affetto di predilezione ai giovani, alle loro potenzialità, alle loro fragilità (che non vanno accarezzate): sono una risorsa, sono già oggi il nostro domani. Per loro chiedo la preghiera, la simpatia, lo stimolo, le opportunità di crescita.

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