Omelia del parroco per la Messa del 1° gennaio 2019

  • 01/01/2019
  • Don Gabriele

1° gennaio 2019

Messa per la Pace

1. Per una felice consuetudine ci ritroviamo a celebrare insieme questa Messa per la Pace nella 52° Giornata Mondiale della Pace, istituita da San Paolo VI.

Lo facciamo nella solennità di Maria Ss. Madre di Dio.

Come dicevo già ieri sera, nei primi secoli della vita della Chiesa la riflessione e la preghiera hanno fatto maturare la convinzione che Maria, avendo dato al mondo Cristo, che è la seconda persona della SS. Trinità – Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, come diciamo nel “Credo” –, non è solo la Madre dell’uomo- Gesù, ma anche del Figlio di Dio, quindi la possiamo chiamare davvero e a ragione “Madre di Dio”. Il Concilio di Efeso, nel 431, definì dogmaticamente la verità di questo fatto, applicando a Maria il termine bellissimo di “Teothokos”, ossia – appunto – Madre di Dio. Eco di questa attribuzione, che fu motivo di gioia per tutta la Chiesa, come ci descrive la cronaca di San Cirillo di Alessandria, è l’antifona, che da quasi due millenni si canta e che anche noi cantiamo: “Sub tuum praesidum confugimus Sancta Dei Genitrix” – “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio, non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da tutti i pericoli, o Vergine gloriosa e benedetta”.

2. Saluto cordialmente il Signor Sindaco con i membri del Consiglio Comunale presenti; le autorità militari e i rappresentanti di tutte le associazioni. La circostanza ci offre l’occasione di riflettere brevemente insieme sul messaggio che il Santo Padre il Papa ha inviato ai Capi di Stato e di Governo, alle Organizzazioni internazionali, a tutta la Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà dal titolo: “La buona politica è al servizio della pace” e per cercare qualche applicazione locale.

Già il papa San Paolo VI affermava che: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità» (Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46). «A questo proposito – dice papa Francesco - meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguy?n Vãn Thu?n, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo: Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità. Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse. Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente. Beato il politico che realizza l’unità. Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare. Beato il politico che non ha paura» (Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del 2002). Accanto a queste che potremmo chiamare anche le “virtù” del politico, il Papa, ricorda i vizi e dice: «Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio». Esistono dunque le “virtù” per una politica a favore della pace ed esistono anche i vizi: favorire le prime ed estirpare i secondi può rappresentare davvero un bell’impegno per chi vuole essere o è già impegnato in politica. Tutto però deve essere collocato all’interno di un progetto. A tal proposito, il Papa afferma che «La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria: - la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”; - la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; - la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire» (n. 7).

3. La pace come progetto riveste anche caratteristiche locali. Vorrei ricordare una situazione che nuoce gravemente alla pace delle nostre famiglie: ed è quella del gioco d’azzardo. Non è il caso che qui ricordi le ripercussioni familiari e sociali di questa piaga: le conosciamo. La statistica – riferita al 2017 – dice che nel nostro paese di Castiglione sono stati bruciati 4.730.000 euro in giochi d’azzardo, pari a 1.016 euro a testa, di cui 3.390.000 euro solo per le Slotmachine, ossia le macchinette.

Come pastore di questa comunità faccio appello ai rappresentati della politica locale affinché si affronti con più coraggio questa piaga, riprendendo, per esempio, la proposta di venire incontro sotto il profilo fiscale a quanti elimineranno dai loro esercizi commerciali le Slotmachine; oppure, in maniera più radicale – come è stato fatto da altri comuni in Italia – deliberare la proibizione del gioco delle macchinette e derivati nel centro abitato. Gli esercenti di altri comuni che si sono visti raggiunti da questa misura e hanno fatto appello al Tribunale amministrativo, in genere, hanno perso. Credo sia giunto il tempo di intervenire, usando tutti i mezzi a disposizione: sono troppe le famiglie danneggiate da questo vizio.

La pace come progetto comporta anche il tentativo di impedire in tutti i modi lo spaccio e l’utilizzo delle sostanze stupefacenti. Si tratta di un’altra grande emergenza, che crea disagio alle famiglie, anche a quelle che non vogliono accorgersene. Mi domando se non sia possibile concertare tra Comune e Arma dei Carabinieri un vero e proprio progetto di intervento, ossia qualcosa non sporadico, ma pianificato, tenendo abitualmente sotto controllo tutte le zone del paese dove è noto che si spaccia e si consuma la droga. Mi sento però di fare appello anche tutti i cittadini, affinché non si lascino prendere dalla mentalità omertosa: se si vede, si deve denunciare.

Ci sarebbero anche altre emergenze collegate alla costruzione della pace: penso, per esempio, a tante situazioni familiari, in cui la violenza, l’aggressività, la mancanza di rispetto, l’infedeltà, l’abuso di alcool, l’assenza di ordine e di armonia rappresentano altre piaghe sociali. Penso alla grossa questione della denatalità, che inevitabilmente rischia di creare disgregazione del tessuto comunitario, con ripercussioni non lievi sulla serena convivenza. Che cosa è possibile fare? Lascio questa domanda alla coscienza ecclesiale e civile della nostra comunità di uomini e di donne.

“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Alla Madre del Signore affidiamo il nostro impegno e i nostri propositi all’inizio di questo nuovo anno.

L’Eucaristia che ora celebriamo ritempri le nostre forze, animi il nostro coraggio, stimoli il nostro fattivo desiderio di bene.

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