Omelia del parroco per la solennità di San Giuseppe

  • 19/03/2016
  • Don Gabriele

San Giuseppe 2016

San Giuseppe ha vissuto certamente un’esperienza straordinaria. Ha tenuto per Gesù, il Figlio di Dio incarnato, il posto del padre terreno. E l’ha tenuto nel chiaro/scuro della fede, come succede ancor oggi a molti padri (così come a molte madri). Il Vangelo di Luca ci dice che non sempre il rapporto con Gesù godeva di quella “chiarezza” che presumibilmente egli avrebbe desiderato, così come la desiderano molti padri. E possiamo ben pensare come Giuseppe abbia sofferto per questo. Par quasi di vederlo nella sua officina di falegname pensare al suo rapporto con questo Figlio, che ha accolto con tutto il cuore, pur sapendo che non veniva da lui, e struggersi per giungere ad una comprensione più profonda ad una conoscenza più mirata, per non fare passi falsi nell’educazione, per non rovinare quel capolavoro che ogni figlio rappresenta e Gesù in modo particolare. In questa apparente siderale lontananza fra Giuseppe e Gesù prendono corpo e trovano spazio la fede di quest’uomo, la dedizione sacrificata di questo padre di famiglia, l’umiltà di questo obbediente, l’amore di questo sposo.

Giuseppe è un uomo di fede. A Dio che gli domanda l’obbedienza della fede, come abbiamo sentito nel brano di vangelo poc’anzi proclamato, egli non la nega. E sarà un’obbedienza che gli prende tantissimo. L’amore per Maria, che egli giovane uomo prova, avendola scelta per moglie, dovrà essere verginale. Maria è sua e non è sua. Egli l’accoglie ma non la possiede. La gioia di essere padre dovrà passare attraverso la rinuncia del generare, giusta gloria di ogni figlio di Israele. E Giuseppe dice di sì, pronuncia quel “sì” interiore, che gli chiederà innumerevoli altri sì: tutte le volte che vedrà Maria, che la sentirà accanto a sé; tutte le volte che guarderà Gesù, quando lo prederà in braccio come fa ogni padre con suo figlio, quando gli insegnerà il mestiere del vivere, sapendo che in lui non scorre il suo sangue. Giuseppe è un uomo di fede. Anche per noi ha creduto, affinché la salvezza ci raggiungesse, perché quel Figlio diventasse il primogenito di una moltitudine di fratelli.

Giuseppe è stato padre di famiglia attraverso una dedizione sacrificata. Noi non siamo soliti a pensare molto spesso quanto Maria e Giuseppe abbiamo influito sull’educazione di Gesù, sulla formazione della sua personalità e del suo carattere. Potremmo sottolineare molti tratti della personalità di Gesù, che si sono affermati in lui grazie all’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe. Basti pensare come egli fosse affascinante: ricordiamo quali erano le esclamazioni delle donne nei suoi confronti, ma pensiamo anche alla forza di attrazione che egli esercitava; basti ricordare al proposito che cosa dicono i soldati inviati per arrestare Gesù i quali ritornano a mani vuote esclamando: “Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo”. Vorrei però sottolineare un solo aspetto, anche perché siamo in prossimità dalla passione e della morte del Signore, ossia la capacità di Gesù di non recedere dalla sua missione, costi quel che costi. Possiamo pensare che questa attitudine di Gesù sia maturata in lui anche per la sacrificata e diuturna fedeltà di Giuseppe alla missione che Dio gli aveva affidata.

Giuseppe è stato umile, di quell’umiltà che è appannaggio dei grandi, di coloro che sono diventati tali solo perché dimentichi di sé. Se la vita di Gesù è stata per eccellenza una pro-esistenza, lo è stata anche la vita di San Giuseppe: egli è stato tutto relativo a Gesù e a Maria, senza abdicare tuttavia al suo ruolo istituzionale, quello di inserire Gesù nella discendenza davidica e di dargli tutte le garanzie giuridiche affinché la promessa fatti ai padri si potesse realmente compiere dentro la storia della salvezza del popolo eletto, dal quale Cristo è venuto. Probabilmente non è difficile restare nell’umiltà ritirandosi dalla scena del mondo, senz’altro è meno facile esserlo quando si deve sostenere un ruolo. In Giuseppe vediamo la coesistenza di umiltà e di funzione istituzionale, umiltà e ruolo.

Giuseppe è stato appassionato. Possiamo immaginare l’amore di questo giovane per la sua giovane sposa. Il dubbio che una volta restata incinta ciò dipendesse da un tradimento da parte di Maria probabilmente non ha sfiorato Giuseppe. La sua titubanza nasceva dalla consapevolezza che quel che era “generato in lei” veniva dallo Spirito Santo. Detto in altri termini: Giuseppe vuole lasciare Maria non perché pensa che lei gli sia stata infedele, ma perché ha capito che in lei si stava compiendo qualcosa di grande; capiva che in lei aveva agito Dio. Per questo Giuseppe si ritira: per non competere con Dio. Allora è il Signore stesso che fuga la sua ritrosia e lo costituisce padre terreno del suo unico Figlio. Che Giuseppe volesse lasciare Maria perché aveva capito che in lei stava operando Dio lo si arguisce dal fatto che il Vangelo che abbiamo ascoltato dice che “Giuseppe era uomo giusto”; se fosse stato “giusto” secondo la legge avrebbe l’avrebbe applicata; e la legge prevedeva che le adultere – come abbiamo sentito nel vangelo di domenica scorsa – dovessero essere lapidate. Egli però non applica la legge perché sa che Maria non è adultera, capisce, infatti, che in lei è Dio che agisce. Ma tutto questo non ha spento in lui l’amore per Maria, anzi semmai lo ha aumentato. Così anche lui, come Maria e come del resto Gesù, vivrà verginalmente, offrendo il suo puro amore ai suoi due amori: la Madonna e il Signore Gesù.

Giuseppe uomo di fede; Giuseppe padre di famiglia dalla dedizione sacrificata; Giuseppe umile e responsabile, Giuseppe sposo e padre appassionato resta un modello e un aiuto per gli sposi e i padri di oggi.

Glieli affidiamo tutti, perciò, specialmente quelli della nostra parrocchia. Gli affidiamo anche i fidanzati che sono in cammino verso le nozze. Gli raccomandiamo inoltre i semplici conviventi che nulla ostacola affinché compiano il passo del matrimonio, perché abbiano la risolutezza di impegnarsi in un “sì” definitivo davanti a Dio e alla comunità. Gli affidiamo i nostri giovani affinché dal suo cammino di fedeltà esigente e totalizzante siano stimolati ad intraprendere sentieri di robusta donazione.

L’Eucaristia che ora celebriamo, nella quale ci nutriamo di colui che Giuseppe ha tenuto sulle sue ginocchia, sia davvero un sentito rendimento di grazie per la vita, la testimonianza e l’intercessione di questo piccolo del Vangelo ma grande nel Regno di Dio.

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